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Montecassino durante la Seconda Guerra Mondiale

All’inizio del 1944 l’Italia era ancora l’unico fronte attivo degli Alleati nell’Europa controllata dai nazisti, e l’avanzata era stata dolorosamente lenta. La campagna stava diventando motivo di imbarazzo e suscitava tensioni crescenti fra gli angloamericani. Certo il compito non era facile. Dopo Belisario, nel 536, nessuno era riuscito a prendere Roma da sud. Annibale aveva preferito attraversare le Alpi, piuttosto che seguire la via diretta da Cartagine. Di Napoleone è la simbolica frase «L’Italia è uno stivale. Bisogna entrarci da sopra». Il motivo sta nella geografia della penisola a sud di Roma, tra alte montagne tagliate da fiumi impetuosi. Per raggiungere la capitale c’era un solo percorso possibile, ossia la Statale 6, l’antica Via Casilina, che, circa centrotrenta chilometri a sud di Roma, attraversa la valle del Liri: è qui che il feldmarescialto Albert Kesselring scelse di attestarsi, all’ombra della celebre abbazia descritta.
Il massiccio di Cassino sul quale si erge l’abbazia era il punto nodale della linea Gustav, il sistema tedesco di posizioni difensive collegate esteso attraverso la parte più stretta della penisola, da Gaeta a Ortona. Era un esempio straordinario di ingegneria militare: il sistema difensivo più temibile che gli inglesi o gli americani abbiano incontrato nel corso della guerra. I vantaggi difensivi naturali del terreno montagnoso erano stati accresciuti dai tedeschi, che avevano rimosso edifici e alberi per creare campi di tiro. Altrove, le grotte naturali della zona erano state ampliate e le postazioni rafforzate con traversine e cemento; inoltre erano stati creati ricoveri sotterranei, collegati da gallerie. Non c’era in realtà un’unica linea, ma vi erano difese a più strati, con posizioni predisposte per il lancio di contrattacchi immediati diretti su quelle zone della linea del fronte che fossero state perdute. I tedeschi ebbero il tempo di esplorare tutti i possibili percorsi di un attacco e di prendere le contromisure opportune. Le brutte sorprese erano ovunque: tutti i punti che sembravano fornire riparo agli attaccanti erano trappole pronte ad esplodere.
Le battaglie per prendere Montecassino furono tra le più dure mai combattute in tutti i teatri di guerra. Tra il momento in cui gli osservatori alleati videro per la prima volta Montecassino e il trionfo finale, quando i soldati polacchi alzarono il proprio vessillo sulle rovine delle mura dell’antica abbazia, vi è la storia straordinaria di soldati ordinari, arrivati su questa terra da ogni angolo del mondo, messi alla prova fino al limite estremo in condizioni più simili agli orrori della Prima guerra mondiale che all’esperienza tipica della Seconda. La battaglia, a mano a mano che si protraeva nel tempo, diveniva sempre più politica, simbolica e personale. Mentre la posta aumentava, cresceva il numero degli uomini a cui veniva chiesto di gettarsi contro le difese virtualmente inespugnabili dei tedeschi. Quella di Montecassino è una storia di incapacità, di accecamento mentale e di politica riscattata a un terribile prezzo dal coraggio, dal sacrificio e dall’umanità dei soldati.